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Channel: La Voce di Manduria » Voce alla scienza” di M.Martini e D.Stranieri
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Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

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Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

In questa rubrica, diverse volte ci siamo occupati d’inquinamento e delle possibili tecnologie per ridurre le emissioni industriali. Proprio pensando a queste tematiche, vorremmo ora parlare di un problema di cui, negli anni ’90, sentivamo parlare di tutti i giorni: “il buco dell’ozono”. A livello mediatico, non si parla più di questo problema così come di CFC, di radiazione UV dannosa, ecc. Come mai?

Anche se giornalisticamente parlando, il problema dell’ozono non fa più notizia, in questo articolo vorremmo riprendere questi concetti ed illustrare non solo lo stato attuale ma, soprattutto, i successi ottenuti mediante le restrizioni nell’utilizzo dei CFC.

Lo strato di ozono in atmosfera protegge la Terra dalle componenti dannose della radiazione solare che sarebbero nocive per la vita degli esseri umani. La scoperta di questo strato protettivo risale alla metà del XX secolo, mentre l’evidenza del suo assottigliamento è più recente e risalente agli anni ’70.

Solo per completezza di informazioni, è necessario distinguere tra “buco dell’ozono” e “riduzione dell’ozono”. Questi due fenomeni molto spesso vengono confusi tra loro anche se si tratta di meccanismi in linea di principio distinti. Lo strato di ozono circonda tutta la nostra Terra e, a partire dagli anni ’70, si è osservato un assottigliamento di questo strato. Questo è quello che chiamiamo “riduzione”. Ora però, l’ozono, che altro non è che una molecola di O3, viene formato principalmente alle latitudini tropicali a causa del maggior irraggiamento per opera del Sole e viene poi trasportato, a causa della circolazione globale, alle più alte latitudini dove tende ad accumularsi. Proprio ai poli, si è osservata, a partire dagli anni ’80, una riduzione maggiore e localizzata dello strato dando vita al fenomeno del “buco dell’ozono”.

Perché è così importante lo strato di ozono? Come anticipato, questo gas è fondamentale per schermare alcune componenti della radiazione solare che sono direttamente dannose per gli esseri umani. L’ozono riesce infatti a fermare gran parte della radiazione ultravioletta solare, in grado di provocare melanomi e altri tumori.

I principali elementi chimici in grado di distruggere l’ozono sono, come sicuramente tutti sanno, il Cloro e il Bromo. Come avviene questa distruzione? Prendiamo ad esempio il Cloro. Questo elemento reagisce con l’ozono, rompendo i legami chimici e formando ossigeno molecolare più ossido di cloro. L’ossido di cloro, ClO, a sua volta attacca un’altra molecola di ozono formando biossido di Cloro, ClO2, più un altro ossigeno. Capite subito come da un singolo atomo di cloro, si siano distrutte due molecole di ozono a seguito di due reazioni a catena e di come questo processo sia dunque molto rapido.

Purtroppo, come evidenziato in molti lavori, l’emissione di alogeni come cloro e bromo avviene principalmente per cause antropiche. La principale sorgente di emissione di cloro in atmosfera erano i tristemente noti CFC, cioè i gas utilizzati nei sistemi di refrigerazione, frigoriferi, impianti di aria condizionata, ma anche come propellenti nelle bombolette spray. Proprio per questo motivo, nel 1987, venne firmato da molti paesi al mondo il protocollo di Montreal che imponeva una drastica riduzione dei CFC utilizzati nei prodotti industriali. Anche dopo il 1987, il protocollo venne firmato sempre da più paesi dal momento che, come dimostrato dalle osservazioni dai satelliti, una volta creato, il buco nelle zone polari si sarebbe espanso sempre più velocemente. L’immagine riportata mostra una ricostruzione del buco sull’Antartide alla sua massima espansione nel 2006 quando si raggiunse un’estensione di trenta milioni di kilometri quadrati.

buco ozono e1368860434233 Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo la messa la bando dei CFC nei prodotti industriali, il buco dell’ozono ha iniziato a restringersi segnando un importante cambio di rotta. Ovviamente, trattandosi di processi naturali, lenti e complessi, non possiamo certo pensare che dall’oggi al domani tutto ritorni nelle condizioni iniziali.

oz Che fine ha fatto il buco dell’ozono?

 

 

 

 

 

 

Nella seconda figura viene mostrato in particolare il buco nello strato sopra l’Antartide nei diversi anni di osservazione. Come potete notare, la zona scoperta si sta riducendo di anno in anno proprio a seguito dei protocolli industriali sottoscritti da moltissimi paesi. Oggi, ovviamente, vista la sua importanza, lo strato di ozono è continuamente monitorato anche mediante l’utilizzo di satelliti geostazionari. Purtroppo, come anticipato, il ritorno alle condizioni ottimali è un processo ancora lento e che dovrà essere fatto giorno per giorno. Dai dati riportati dall’ESA, si stima che, al ritmo attuale, si dovrà attendere almeno fino al 2050 per poter tornare nella situazione che si aveva prima degli anni ’70.

Concludendo, anche se il buco dell’ozono probabilmente non fa più notizia, questo importante scudo per la nostra incolumità è costantemente controllato a livello scientifico. La messa al bando dei CFC sta dando ottimi risultati in termini di ripristino dello strato di ozono e diminuzione dei buchi che si erano osservati sopra i poli. Essendo un processo lento, si dovrà continuare in questa direzione e ci vorranno ancora parecchi anni prima di poter ripristinare del tutto i danni fatti solo ed esclusivamente dagli esseri umani.
Matteo Martini (Fisico, docente e ricercatore presso l’INFN di Frascati) 


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